venerdì 23 marzo 2012

Averti addosso

Sono molto preoccupato. Sto leggendo L'Inumano come non ho mai letto nessun altro libro. Sono quasi a metà. Ma leggo e poi torno indietro, rileggo. Mi sento coinvolto nella storia. Coinvolto, ma non è un fatto di testa, ne’ tantomeno di cuore, a meno che per per cuore si intenda quell’organo vitale pulsante presente in tutti gli animali compreso l’uomo  (insomma, non sto leggendo il libro della suora lesbica). Si tratta dello stomaco. E dell’intestino. E del mio scroto. E anche del cazzo. Delle mie braccia e della mia bocca. Insomma è un coinvolgimento fisico. Intendiamoci, non è che io mi identifichi con Massimiliano Parente, con l’Io narrante. No. Troppo semplice, troppo banale. E’ la storia stessa che è entrata dentro il mio corpo e ne ha preso possesso.

Si ride e si sorride leggendo L'inumano. Ma poi capita che giri pagina e L'inumano ti pone di fronte alla realtà, alla complessità della realtà. Ti smonta tutto il tuo castello immaginario, te lo fa cadere giù. E non si ride più molto. Ti pone le domande che ti sei sempre posto e a cui non hai risposto. Le domande che da tempo avevi chiuso nel cassetto in qualche angolo della coscienza.

Sono preoccupato. Quando finirò il libro che ne sarà di me?


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